La nebbia dei gas, le pozzanghere dai colori allucinanti, i nomi delle molecole pronunciati quasi con disprezzo, come se ci fosse un sentimento di odio nei loro confronti, un inferno industriale: questo è lo scenario nel quale è ambientata una delle migliori opere del veneziano Gianfranco Bettin. Porto Marghera, uno dei poli industriali più importanti d’Italia, nonché la città natale dell’autore. Non esattamente il posto più bello del mondo, anzi, forse uno dei più brutti. Il lato della medaglia della laguna di Venezia che nessuno vuole mai mostrare, con quelle acque contaminate da materiali tossici che avvelenano coloro che le circondano. Ma è proprio per questo che il romanzo è struggente.
In copertina si legge «un uomo in rivolta nella fabbrica dei veleni e degli inganni», una frase che spiega in modo perfetto l’essenza del libro, ancor di più se contornata dal fumo di una ciminiera e tinte tossiche rappresentate al meglio da Alessandro Lecis ed Alessandra Panzeri.
Cracking è la storia della vita operaia di fine millennio, e dei postumi di essa, tra ricordi e azioni presenti raccontate da Celeste Vanni, ex dipendente del petrolchimico di Marghera, e dal giovane Nico, il vicino di casa che per la tesi di laurea ha raccolto testimonianze per documentare la condizione dei lavoratori. Un forte sentimento di vendetta verso quel sistema che ha lacerato la vita dei suoi amici e colleghi. Storie di intrighi, di malavita e di documenti rubati, di cattiva gestione della sanità dell’industria a discapito dei dipendenti, che per questo muoiono. Fughe di gas, incendi ed esplosioni, come nell’episodio del 1979 quando perdono la vita tre analisti a causa dello scoppio della bombola nel laboratorio dell’acido fluoridrico.
Un tandem vincente quello composto da Celeste e Nico, il vecchio ed il giovane, il simbolo delle lotte passate e l’uomo che le vuole narrare a tutti, nel testo che intitola Biocidio perfetto: il caso Porto Marghera. Il viaggio dei due amici passa tra gli striscioni ormai consumati dei cortei, dai bidoni usati come tamburi e dai ricordi celati nella sede del consiglio di fabbrica.
«L’obiettivo è non manutenere, e comunque, manutenere il meno possibile»
Una frase eloquente, che l’autore utilizza per rimarcare sempre più la durezza del romanzo. Un libro che non è un giallo, e forse nemmeno un thriller. Dopo averlo letto ho immaginato il neologismo bio-thriller per due motivi: il primo è che Cracking ha dei fortissimi tratti biografici, la figura inventata di Celeste Vanni rispecchia molto l’idealtipo dell’operaio petrolchimico degli anni Ottanta; il secondo per gli importanti connotati “biologici” derivanti da un utilizzo frequente di terminologia tecnica e nomenklatura scientifica.
Dalla sommità di una ciminiera, Celeste Vanni sta progettando qualcosa di grosso, per ottenere un «gran bel cracking, nella fabbrica dei veleni e degli inganni». Buona lettura!
Federico Smania