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Riprendere in mano la propria vita a San Patrignano

Venerdì, 18 Ottobre 2019

Un’atmosfera surreale, un insieme di emozioni forti, e un alternarsi di riflessioni intime sulla propria vita. Entrare a San Patrignano, per un visitatore, significa pensare. Sì, una volta che si imbocca il famoso tunnel di “SanPa” ritornano alla mente tutti i passaggi traumatici dell’esistenza, gli errori adolescenziali e le perseverazioni adulte. Si pensa al dolore creato alle persone care, a tutto ciò che, con il senno di poi, poteva (e doveva) essere evitato, ma che in fin dei conti ha costruito le nostre identità. Poi, però, si esce dal tunnel e arriva il momento di valutare le sensazioni suscitate in quei cinquanta metri bui. Niente è irreparabile e tutti hanno una seconda chance, se si è fortunati anche una terza, perché d’altronde gli errori comuni sono sciocchezze, e se i ragazzi della più grande comunità di recupero europea riescono a rialzare la testa, può farlo chiunque, basta avere forza di volontà. 
Per i più, San Patrignano è una semplice comunità per risolvere i problemi di tossicodipendenza, quella maggiormente chiacchierata e al centro delle attenzioni, favorevoli e non. Al primo impatto lascia alquanto straniti, e le raccomandazioni delle guide non mettono particolarmente a proprio agio. Sembra quasi di entrare nella Shutter Island di Leonardo Di Caprio, ma a differenza dell’isola di Andrew Laeddis non si ha attorno un mare mosso, bensì un paesaggio rurale da cartolina, che con il tramonto diventa il simbolo della comunità.
A raccontarci l’esperienza pluriennale dentro San Patrignano, è un avvocato romano, quasi a fine percorso e in procinto a lasciare le colline romagnole per andare a riabbracciare la figlia. Il “percorso”, proprio così viene chiamato, si struttura in un primo anno sotto la guida di un ragazzo che, a sua volta, sta per concludere il secondo. Una sorta di ciclo, dove i più “anziani” seguono i nuovi arrivati. In questa prima fase non si possono avere contatti diretti con la famiglia, non si possiedono cellulari e non si può usufruire di connessione internet. Gli unici metodi per poter esprimere le proprie emozioni è attraverso un foglio di carta e una penna, un ritorno al passato (che non fa mai male). Dopo un anno, invece, si possono riprendere i contatti, semestrali, che tuttavia spesso si dimostrano un passaggio fondamentale nel percorso, poiché si torna in contatto con una parte importante del proprio passato, che magari rappresentava uno dei motivi per i quali si era caduti “in tentazione”.
Una delle chiavi per il recupero dei ragazzi e delle ragazze, è la gestione della loro zona di comfort. La guida ce l’ha spiegato con una semplice frase: «Se entri a San Patrignano che sai fare il cuoco, non vedrai mai una cucina durante il percorso. Sei un infermiere, non metterai mai piedi nel centro medico. E soprattutto, una volta che impari un lavoro dentro la comunità, vieni spostato in un altro settore. Una volta che hai imparato bene a fare il pane vieni spostato, ad esempio, alla sezione grafica». Un approccio difficile da capire per coloro non lo vivono, ma sostanzialmente consiste in un’organizzazione che vuol far sentire i ragazzi in costante apprendimento, senza mai “sedersi” su una capacità acquisita. È opinione diffusa, all’interno della comunità, che per gli ex tossicodipendenti venire assecondati e non sentirsi stimolati non aiuti minimamente il loro percorso di recupero. Anzi, rischia di incrinarlo in modo grave. 
Anche le relazioni uomo-donna sono gestite in maniera singolare, ma efficace. Se c’è la volontà reciproca di conoscersi, viene attuato il “periodo di stop” dove i due interessati non possono vedersi né parlarsi per sei mesi. Se al termine dello stop l’interesse permane, allora viene concessa la possibilità di iniziare un rapporto dalla semplice amicizia a, chi lo sa, magari d’amore. 
Vivere a San Patrignano per circa quattro anni è dura, alcune persone falliscono, e molte altre hanno una gran paura di uscire e riprendere i contatti con quel passato che si voleva cancellare. La luce che si vede all’uscita del tunnel di SanPa dà la forza per ricominciare, e fa capire che gli errori non sono permanenti, e che tutti hanno diritto ad avere una seconda possibilità. 

Federico Smania

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