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Oggi è già futuro

Un modello 3D per combattere i tumori

Martedì, 06 Agosto 2019

Il nostro corpo non ci azzecca sempre. Da un lato, tende a riconoscere le nanotecnologie sintetiche come corpi estranei, e quindi a espellerle; dall’altro, tende a scambiare quelle biomimetiche (costruite in laboratorio con i leucociti del paziente) come cellule “amiche”, e quindi ad accoglierle. Il gruppo di ricerca guidato da Marco Agostini della Clinica Chirurgica 1 dell’Università di Padova, che si occupa anche di neoplasie pediatriche, affiliato all'Istituto di Ricerca Pediatrica (IRP) Città della Speranza, è nato nel 2015 proprio per applicare le cellule biomimetiche ai pazienti pediatrici sottoposti a terapie farmacologiche. Come spesso capita, però, la ricerca ha cambiato direzione in corso d’opera: «Ci siamo resi conto che non aveva senso replicare qui le conoscenze già acquisite negli Stati Uniti», spiega Agostini, che lavora in sinergia con l'Istituto di Medicina Rigenerativa e Nanotecnologie del The Methodist Research Institute di Houston. 

In compenso, il gruppo di ricerca ha trovato il modo di riprodurre un tumore in 3D: «Un modello innovativo, che può anche essere riprodotto con una stampante 3D biologica, e derivato dal paziente tramite biopsia tissutale - dichiara Agostini -. Il tumore in 3D può essere "stampato" più volte, per valutare varie condizioni e interazioni delle cellule biomimetiche col micro-ambiente circostante. I modelli mostrano come verranno assorbite le cellule biomimetiche e come si comporteranno con un determinato farmaco, o con la combinazione di più farmaci, aiutandoci a capire se le nanoparticelle possono avere un effetto adiuvante, cioè migliorativo sia dell'effetto sia del traghettamento del farmaco sul tumore». 

Non è una novità di poco conto: «Gli studi condotti su organismi diversi dal nostro, come quelli sui topi o sulle colture cellulari, non consentono di capire completamente quale sarà la risposta al farmaco. Il tumore in 3D derivato dal paziente, invece, rispecchia in più aspetti le condizioni reali, dove la risposta delle cellule tumorali al farmaco dipende dalla loro interazione con il complesso modo di cellule che lo circonda. Le cellule tumorali inserite nel modello in 3D vengono condizionate da tutte le pareti dell’ambiente e ora, quindi, stiamo aggiungendo nuovi elementi per passare da un sistema semplificato a un sistema più complesso». 

Agostini paragona il lavoro del suo gruppo a quello dell’interior designer: «All’inizio il modello 3D è come una stanza vuota. Poi, a poco a poco, aggiungiamo altri componenti cellulari: è come se aggiungessimo la scrivania, la sedia e così via per poi capire come il tutto condiziona chi vive in quella stanza. Non abbiamo la pretesa di capire tutto subito, vogliamo procedere per gradi per trovare le cellule che condizionano di più la risposta del farmaco. I risultati - conclude Agostini - non sono ancora stati pubblicati, ma presto li presenteremo in alcuni grandi congressi internazionali».

Alessandro Macciòhttps://ssl.gstatic.com/ui/v1/icons/mail/images/cleardot.gif

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