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Campioni si diventa

Non c'è leadership senza umiltà

Giovedì, 17 Ottobre 2019

Sempre più spesso mi capita di sentir dire da amici e appassionati dello sport, che il figlio piuttosto che la nipote, hanno smesso di fare il loro sport preferito perché non si trovavano bene con l’allenatore. Nella peggiore delle ipotesi ci hanno litigato, oppure hanno chiesto ripetutamente ai genitori di cambiare club perché non si divertiva più.
Cosa c’è alla base di questo meccanismo di rifiuto?
Com’è possibile che giovani aspiranti atlete e atleti, si trovino in questa tenera età a non sentirsi a loro agio in un ambiente ludico, formativo e protetto come quello che lo sport dovrebbe poter assicurare? Senza voler gridare allo scandalo, e senza generalizzare, l’abbandono dello sport è spesso legato all’ambiente, al contesto in cui si svolge l’attività. Cosa si aspettano i giovani dai loro “eroi”? Quali effetti si aspettano di osservare i genitori, guardando i loro figli dedicarsi ad una disciplina o all’altra?
Ma soprattutto, a chi si rivolgono quando qualcosa non li convince? Di prassi, all’allenatore.
Ebbene si, quello dell’allenatore, più propriamente detto educatore, è un ruolo a tratti complesso, per il coinvolgimento tecnico che gli richiede il lato sportivo, e per la gestione delle relazioni con i giovani, i dirigenti sportivi e i genitori. E allora ci chiediamo, in maniera del tutto generale, quali siano le abilità e le risorse di cui deve poter disporre un allenatore per poter svolgere al meglio il proprio compito.
L’educatore è un leader, è l’eroe dei suoi atleti, e deve portare avanti valori come la coerenza, l’integrità e la trasparenza. Ha la capacità di essere ascoltato, perché sfrutta le sue qualità relazionali, e sa ascoltare senza giudizi. In questo modo, crea i presupposti per fa si che la squadra sia in grado di rispondere alle necessità che si presentano dentro e fuori dall’area di competizione.
Dentro al campo gli vengono riconosciute capacità tecnico-tattiche, sia nella gestione della squadra che specifiche per ciascun atleta, tanto da avere un’attenzione particolare verso ognuno di loro, e la sensibilità di poter intervenire quando le circostanze lo richiedano.
Nella complessità richiesta dal contesto, l’educatore è portatore di un metodo, di una ‘filosofia di gioco’ che sa mostrare con chiarezza ai suoi collaboratori, e che sa condividere con il gruppo che guida, così che ogni atleta riesca a farla propria.
Il suo carisma gli da la possibilità di esprimere una leadership, e i canali di comunicazione che costruisce gli permettono di essere limpido nella relazione, capace di autoironia, e umile nell’atteggiamento.
Usa le sue risorse disponibili in quel dato momento, per dare il massimo di se stesso per gli altri, mettendosi nelle condizioni di intervenire nel modo più conveniente per il gruppo.
Difronte ad ogni situazione, l’allenatore rappresenta un riferimento, capace di prendere le decisioni migliori date le circostanze, rimanendo sempre aperto al confronto.

Mauro Bergamasco

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