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Campioni si diventa

Più sensibilità per evitare l'abbandono nello sport

Giovedì, 03 Ottobre 2019

Un tema attuale che deve farci riflettere, è quello dell’abbandono dello sport in età giovanile. 
Da anni il Coni conduce studi in merito per capire, osservare e verificare l’andamento della pratica sportiva tra i giovani, in relazione alle abitudini e alle variazioni sociali ed educative nel nostro paese. L’obiettivo finale è creare strategie per influenzarne la crescita e favorirne la pratica a tutte le età. 
Gli studi sono su base statistica, e tengono ben presenti le variabili geografiche e sociali, mettendo in evidenza gli atteggiamenti e i presupposti su cui si basano le relazioni della popolazione italiana con la pratica sportiva. 
Mi è capitato a più riprese di essere coinvolto in tavole rotonde dove all’ordine del giorno vi era proprio questa problematica, e in molte occasioni ho faticato a comprendere, rimanendo a bocca aperta. 
Tra le ragioni addotte, infatti, vi sarebbero la mancanza di impianti sportivi dedicati, o la mancanza di un investitore in un determinato ambito sportivo. 
Niente di nuovo: si investe poco nello sport, probabilmente si investe male, spesso senza pensare prima di tutto, di fornire un servizio per le persone, per i giovani e le loro famiglie.
Perché non andare, invece, ad osservare e verificare quali siano le esigenze che caratterizzano quelle persone nel contesto sociale a cui si rivolgono? 
Tre anni fa, durante un open-day, la giornata di apertura della stagione sportiva in cui è permesso a tutti coloro volessero provare quello sport di entrare in campo e divertirsi, ho avuto modo di incontrare diversi genitori, e qualcuno di loro ha espresso le proprie aspettative per ciò che riguarda l’attività sportiva dei figli. 
Un caso emblematico, riguarda quando mi confrontai duramente con un tecnico che aveva deciso, osservandoli, che almeno 25 dei suoi 65 atleti di 12 e 13 anni, non erano buoni atleti, e che nel rugby non avrebbero mai fatto nulla di buono nella loro vita. 
Ma chi ha facoltà di capire realmente a cosa è destinato il futuro di un giovane atleta, nel pieno del suo sviluppo fisico, ormonale e caratteriale? 
Le relazioni umane sono la base del funzionamento dell’essere umano. 
L’investimento più utile che possiamo dedicare oggi al mondo dello sport, è quello sulla formazione, guidando la crescita personale e tecnica degli “allenatori” per prendere coscienza delle opportunità, per riconoscere le proprie risorse, osservarle e svilupparle, e farne delle abilità, dei talenti. 
L’allenatore è un leader, non in quanto tale: sono il suo atteggiamento, la sua attenzione, la sua sensibilità, la sua preparazione, il suo linguaggio, il suo modo di portare un messaggio a definirlo e farlo percepire così dai suoi allievi. 

Mauro Bargamasco

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